Nell’Agosto del 2011 Martina Rossi, genovese con la freschezza dei suoi 20 anni, è in vacanza con le amiche a Palma di Maiorca (Spagna). La sera del 3 le compagne di viaggio si chiudono in stanza con due ragazzi. Martina sale in stanza con due giovani aretini Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, ma dopo circa venti minuti un urlo straziante rabbrividisce chi lo ode. Dei passi precipitosi giù per le scale. La ragazza è a terra, dopo un volo dal sesto piano. Dal suo abbigliamento mancano le ciabatte e i pantaloncini. Le indagini spagnole si chiudono con l’archiviazione con ipotesi di suicidio, ma Martina Rossi quella sera non voleva affatto suicidarsi, lei cercava di fuggire dai suoi stupratori, questa è la tesi della famiglia della ragazza. Il processo d’appello inizia quasi un anno dopo il verdetto di primo grado. Lo scorso 28 novembre la presidente della corte d’appello di Firenze però dichiara prescritto il reato di morte in conseguenza di un altro reato, cancellato dal troppo tempo trascorso lo scorso febbraio. Il dibattimento viene rinviato il processo al 20 settembre 2020 . Questo disegno raffigura Martina come una moderna Dafne, che si getta da un balcone per scappare da i suoi presunti aguzzini.
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